
Ci sono stanze che fanno rumore anche quando sono vuote.
La 428 del Wilson Hall, all’Università dell’Ohio, è una di quelle.
Un rettangolo di cemento, legno e tubature che, negli anni Settanta, smise improvvisamente di essere un dormitorio per trasformarsi in qualcosa di molto più cupo: un punto in cui qualcosa sembrava premere dall’altra parte della porta.
Gli studenti raccontano che tutto iniziò con un ragazzo normale, uno che nessuno avrebbe ricordato se non fosse morto dentro quelle quattro pareti. Nessun omicidio, nessun rituale: solo una morte inspiegabile e improvvisa, sufficiente a trasformare la stanza in un magnete di inquietudini.
Dopo di lui, la 428 sembrò non voler più nessuno.
Porte che sbattono, cassetti che si aprono, crocifissi rovesciati
I racconti più diffusi parlano sempre delle stesse cose, ripetute con una precisione che mette a disagio:
– porte che si chiudevano da sole, con violenza;
– oggetti che venivano spostati durante la notte;
– cassetti lasciati aperti, nonostante chi giurava di averli chiusi;
– e soprattutto, il dettaglio che ha fatto scuola:
un crocifisso che continuava a girarsi da solo, come se qualcuno lo toccasse quando nessuno guardava.
Gli studenti cambiavano stanza, i custodi controllavano gli impianti, ma tutto rimaneva uguale. Non c’era una spiegazione tecnica. Solo testimonianze stanche, e occhi che evitavano il corridoio quando era buio.
Il numero che non appare più negli elenchi
Col passare degli anni, la leggenda crebbe come la muffa sui muri antichi.
E con la leggenda arrivò la decisione più curiosa: la stanza venne chiusa a tempo indeterminato.
La porta serrata.
Nessun nuovo studente assegnato.
Nessun nome nell’elenco del dormitorio.
Come se l’università avesse scelto il silenzio invece della spiegazione.
C’è chi dice che la stanza sia stata trasformata in deposito.
Chi giura che non esista più, murata da pannelli che imitano la parete.
Chi sostiene che, se ci passi davanti, l’aria è più fredda.
Niente di tutto questo è mai stato ufficialmente confermato.
E proprio per questo la 428 rimane viva, troppo viva, nelle conversazioni dei campus americani.
Un luogo che non vuole essere dimenticato
La fama della stanza non nasce da film horror o romanzi: nasce da un insieme di racconti ripetuti per anni da studenti, resident advisor, persino alcuni membri del personale. È questo a renderla così disturbante.
Un mistero senza mostri apparenti.
Una porta chiusa a chiave.
Un crocifisso che non vuole stare dritto.
E la sensazione — quella sì, universale — che certi luoghi trattengano le persone più di quanto dovrebbero.
A volte basterebbe aprire quella porta per dimostrare che non c’è nulla da temere.
Ma forse…
è proprio il fatto che resti chiusa a tenere tutti al sicuro.
Grazielladwan (C)

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