
⚫️Hashima: l’isola corazzata che il Giappone ha voluto dimenticare⚫️
Un relitto di cemento che custodisce più segreti di quanti voglia raccontare
A largo di Nagasaki, emerge dal mare come una nave da guerra incagliata: Hashima, l’isola che il mondo conosce come Gunkanjima. Da lontano appare come un fortino inespugnabile, ma in realtà fu una città verticale, brulicante di vita.
Negli anni ’50 e ’60 più di cinquemila persone vivevano stipate in appena sei ettari di cemento. Un alveare umano costruito sopra le miniere di carbone, con scuole, negozi, ospedali, persino cinema e bordelli. Tutto in cemento armato, per resistere ai tifoni.
Poi, il vuoto.
Nel 1974, nel giro di poche settimane, l’isola fu evacuata di colpo. L’ultimo abitante se ne andò il 20 aprile, e da allora nessuno vi ha più messo radici.
La versione ufficiale? Le miniere non servivano più, sostituite dal petrolio. Una spiegazione logica, lineare. Ma non basta a spiegare il silenzio improvviso.
I corridoi rimasero pieni di stoviglie, scarpe, giochi di bambini. Tutto lasciato come se si dovesse tornare la sera stessa.
C’è chi parla di cedimenti strutturali pericolosi che il governo preferì tacere, ordinando lo sgombero.
Altri giurano di aver udito racconti su spiriti dei minatori morti nelle gallerie, urla notturne, presenze impossibili da ignorare.
Fatto sta che Hashima si svuotò troppo in fretta. Troppo in silenzio.
Oggi l’isola è un fantasma di cemento, patrimonio UNESCO ma percorribile solo lungo passaggi obbligati, perché gli edifici rischiano di crollare. Chi vi mette piede racconta di un’atmosfera innaturale, di un silenzio che non sembra soltanto vuoto… ma trattenuto.
Come se l’isola stessa stesse aspettando.
Il ritorno dei suoi abitanti.
O qualcuno abbastanza coraggioso da raccontare la verità su quel lontano 1974.
👉 “Un’intera città evacuata in poche settimane. Ma perché?”
👉 “Si dice che Hashima non sia stata abbandonata… ma fuggita. Tu ci crederesti?”
Grazielladwan (C)
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