“Nove palestinesi uccisi”. “Diciassette palestinesi uccisi”. “Cinquanta palestinesi uccisi”. La stampa internazionale non cita mai i nomi dei giovani assassinati durante la Marcia del ritorno a Gaza – organizzata il 30 marzo, e ancora in atto, per reclamare il diritto al ritorno nelle terre perdute nel 1948, al momento della nascita dello stato d’Israele. Quest’articolo della Cnn è emblematico: si parla della morte di “un giornalista” senza mai nominarlo. “Il giornalista” si chiamava Yaser Murtaja, un punto di riferimento a Gaza perché aveva fondato la casa di produzione Ain Media, che lavora con Bbc e Al Jazeera, ma d’altra parte non si nomina mai nessuna vittima.
E’ notizia di oggi che una neonata è morta per intossicazione dai gas. Sempre innominata. I crimini di guerra perpetrati da Israele non hanno fine. Sono civili disarmati, vogliono solo, marciando, rientrare nel loro paese. In quel paese da cui settant’anni fa, hanno fatto la marcia in senso inverso, per salvare la propria vita, per dare ai propri figli un’identità, mai riconosciuta.
Uccidere civili disarmati, è terrorismo allo stato puro, e in tutto questo cosa succede? Un Donald Trump qualunque, ma ahimè Presidente degli Stati Uniti d’America, decide di portare l’ambasciata americana in Gerusalemme. Mai messaggio più nefasto sui trattati di pace è stato fatto!
Human Right Watch accusa Israele di premeditare gli omicidi. Più di un’inchiesta svela che gli ufficiali israeliani hanno dato il via libera ai soldati, di sparare sui civili.
La cosa disarmante e vergognosa è il silenzio dell’opinione pubblica. Il terrore, dettato dalla paura di essere tacciati per antisemiti, argomento sempre tirato in ballo ogni volta che si vuole discutere contro l’operato israeliano, crea un silenzio mondiale che ricadrà sulle coscienze di ognuno di noi.
Graziella Adwan