
L’8 marzo arriva puntuale come la dichiarazione dei redditi, portandosi dietro un carico di mimose, frasi fatte e offerte speciali su pentole e lingerie. Un giorno all’anno in cui ci si ricorda che esistono le donne, un po’ come quando ti ricordi della mozzarella, ma è scaduta, e tu cena volevi preparare una caprese.
I social si riempiono di post profondi e impegni a favore della parità, mentre nel mondo reale succedono cose meno poetiche, tipo i datori di lavoro che regalano cioccolatini alle dipendenti, così da addolcire il fatto che il loro stipendio sia inferiore a quello dei colleghi maschi. O tipo i maschi che oggi faranno gli auguri, gli auguri? Ma per favore…
Il tutto condito da serate improbabili: cene a tema, strip show con uomini oliati e un vago sentore di rimpianto.
Nel frattempo, fuori da questa commedia goldoniana, ci sono femminicidi, molestie e discriminazioni che non si fermano certo perché oggi il calendario dice che dovremmo festeggiare. Forse sarebbe il caso di fermarsi e riflettere, ma senza retorica. Perché la vera festa della donna non è un giorno all’anno, è un cambiamento culturale quotidiano.
E ora scusate, vado a gettare la mimosa appassita nel compost.
Grazielladwan (C)
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