
Il mistero della tomba di Edgar Allan Poe
A Baltimora c’è una tomba che non conosce pace. Non parlo del marmo, né del silenzio del cimitero: mi riferisco a quel gesto inspiegabile che, per decenni, ha attirato pellegrini, superstiziosi, romantici e ossessionati dal gotico. Ogni anno, nella notte del 19 gennaio, giorno della nascita di Edgar Allan Poe, uno sconosciuto appariva nel buio. Un cappello nero, la sciarpa avvolta sul volto, una rosa e una bottiglia di cognac.
Posava gli omaggi sulla lapide e svaniva. Nessuno lo agganciò mai davvero. Nessuna telecamera riuscì a cogliere più di un’ombra. Lo chiamarono Poe Toaster, come se fosse una creatura a metà tra una tradizione e un fantasma moderno.
Poi, nel 2009, silenzio. Come se anche lui fosse morto una seconda volta, o fosse tornato nel punto esatto da cui era arrivato.
A volte mi chiedo se la scrittura non funzioni così: una presenza che ci lascia rose e cognac quando meno ce lo aspettiamo, poi scompare. E noi restiamo qui, ad ascoltare se per caso, nel vento, si sente ancora il suo passo.
Per chiudere, le sue parole. Un sussurro che sembra scritto per noi che restiamo a guardare le ombre:
“Tutto ciò che vediamo, tutto ciò che sembriamo, non è che un sogno dentro un sogno.”— Edgar Allan Poe
Grazielladwan (C)

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